Pubblici esercizi sempre più “in giallo”

Una settimana fa sul quotidiano La Voce è uscito un articolo curioso sull’interesse della popolazione cinese che vive in Italia ad acquistare e gestire pubblici esercizi “di tradizione italiana”.

Il fenomento è già in voga da qualche anno anche nel nostro territorio che ha registato, in particolare nel biennio 2009/2010, un vero e proprio boom di acquisti di pubblici esercizi da parte di cittadini di origine cinese, mentre ora in questi ultimi tempi possiamo dire che la situazione si è “stabilizzata”. Al momento nel comune di Cesena sono presenti 9 locali gestiti da imprenditori asiatici (in base all’articolo de La Voce), che corrispondono circa ad un 5% dei bar.
Ma cosa è successo? Perchè la popolazione cinese si è avvicinata così tanto ad un’attività, che tra l’altro, obbliga ad avere un rapporto di fidelizzazione con il proprio cliente?
Personalmente ho sempre detto ai colleghi asiatici di puntare di più sulla loro identità, non tanto con la ristorazione cinese, ma realizzare delle vere  “Sale da The e da Sakè” che parlino della tradizione orientale e che contribuiscano ad avvicinare i due emisferi.

Un vecchio detto locale dice  “Se a Cesena non sai cosa fare, apri un bar”. Molti hanno cercato una risposta alla domanda in questo modo, giustificando l’interesse dei cinesi a questo settore solo per il fatto che leggende metropolitane (purtroppo sempre smentite dalla realtà, oggi ancora di più!) fanno credere che il pubblico esercizio sia un un’impresa con una buona reddittività, semplice da realizzare e magari anche divertente.

Certo, un bar può avere queste cose tutte insieme, ma solo se si hanno grande capacità di adattamento, predisposizione alla flessibilità, conoscenza della materia prima, esperienza sul campo e soprattutto la pazienza ad investire continuamente tempo e risorse nella propria realtà aziendale.

Il pubblico esercizio poi offre un prodotto tipicamente italiano; a partire dal caffè espresso e dal cappuccino, ma non solo. Anche negli aperitivi e nella piccola ristorazione i prodotti italiani sono, spesso e volentieri, utilizzati e valorizzati.

Infine fare il barista, significa avere un dialogo continuo con i clienti, saper confrontarsi con i fornitori e con i rappresentanti, riferirsi continuamente con l’associazione di categoria, saper parlare alle istituzioni. Mentre ci sono stati dei momenti in cui mi sono trovato a parlare quasi a gesti con colleghi cinesi, a volte è servito un vero e proprio traduttore.

Eppure questi aspetti non hanno fermato le intenzioni dei potenziali baristi cinesi, che forse per la prima volta, si sono veramente messi in gioco nel cercare un’integrazione con la popolazione italiana.
C’è stato un momento in cui abbiamo creduto che l’avanzata degli stranieri nei locali italiani dequalificasse il settore e forse è stato anche così in parte; oggi però dobbiamo guardare questa situazione da una prospettiva differente. Non siamo più da soli, il sistema economico italiano ha mutato fortemente le nostre abitudini e gli stranieri che vivono in Italia – soprattutto quelli di seconda generazione – sono da considerarsi una risorsa per il nostro paese. Quindi ben vengano imprenditori stranieri che vogliono mettersi in gioco e stare alle regole.

Ma voi che ne pensate?

Angelo Malossi, presidente Fipe Bar del comprensorio cesenate

About Sara Montalti
Laureata in Relazioni Pubbliche, lavoro nel settore dell'Assistenza Sindacale e Progettuale in Confcommercio Imprese per l'Italia dal 2005 e sono segretaria della Fipe del Comprensorio Cesenate. Il lavoro di segreteria sindacale implica l’immedesimarsi totalmente nelle problematiche relative al settore e cercare insieme al presidente di categoria, in concertazione con i dirigenti dell’associazione e degli associati, di risolvere o sviluppare interventi a sostegno delle loro situazioni.

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