Aumentano i pubblici esercizi nel cesenate

piazza del popolo cesena

Sos desertificazione commerciale nei centri minori, anche del Cesenate, nonostante crescano i pubblici esercizi, aumentati del 15% in dieci anni.

Se la qualità dei contesti locali e degli agglomerati urbani è determinante nel generare o meno opportunità di lavoro, innovazione e sviluppo, altrettanto determinanti sono le attività economiche per la qualità del vivere urbano. Lo rimarca la Fipe Confcommercio cesenate, presieduta da Angelo Malossi (Fipe bar) e Vincenzo Lucchi (Fipe ristoranti).

“Serve la definizione di una strategia nazionale ma anche territoriale nei nostri comuni comprensoriali a favore delle città e delle economie urbane – affermano i due presidenti – in grado di indirizzare e promuovere modalità di intervento strutturali, e non più straordinarie, che possa basarsi su un quadro normativo organico chiaro e su risorse adeguate e continuative”.

L’Osservatorio Confcommercio-Si.Camera sulla demografia delle imprese nelle città italiane – che monitora nel tempo l’andamento degli esercizi commerciali per cogliere i cambiamenti della rete comunale di servizi al consumatore – ha rivelato un quadro in chiaro-scuro sui centri storici italiani.

L’analisi, svolta su 120 comuni fra cui alcuni del nostro territorio, di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi più popolosi (escluse le grandi città) rivela infatti come le piccole e grandi migrazioni, la crisi demografica e il dinamismo insediativo che caratterizzano quest’epoca incidano sui livelli di urbanizzazione e, più in generale, sull’economia e la vitalità delle città.

“A causa del diffuso fenomeno di spopolamento dei centri minori anche nel nostro territorio – rimarcano Malossi e Lucchi – ad abitare in queste città rimangono, non senza difficoltà, i più anziani. In queste città spesso a mancare non sono solo i giovani: il crescente fenomeno dei negozi sfitti nelle città, ancor più evidente nei centri storici, è dovuto a cause diverse quali, ad esempio, la modifica del comportamento di acquisto, la mancata corrispondenza tra l’offerta commerciale e la mutata domanda del consumatore, problemi di vivibilità, accessibilità e declino urbano”.

“Seppure dalla ricerca emerga che le attività di ristorazione sono tra le poche in crescita tra il 2008 e il 2018, con un tasso del +15,1%, lo spopolamento dei centri urbani rappresenta una minaccia anche per il nostro settore – aggiungono i due presidenti – Il proliferare di attività di ristorazione senza servizio, senza personale, con locali di pochi metri quadrati sta creando seri squilibri nella qualità dell’offerta commerciale delle città. Per contrastare tale tendenza, è necessario attuare politiche di rigenerazione urbana innovative in grado di promuovere valori comuni, in ambito sociale, culturale ed economico, e di favorire l’integrazione tra i vari livelli di governo e tra imprese, società, associazioni e anche singoli individui nell’ordine di rafforzare le economie urbane e contrastare la desertificazione commerciale. In questo senso servono anche politiche condotte dagli enti locali, incentivanti nei confronti del commercio al dettaglio pilastro per la coesione sociale dei piccoli centri e delle città”.

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